Primogenito
del valente architetto liberty Silvio e di Dircea Pedrazzini, Ivanhoè
Gambini nacque a Busto Arsizio il 25 marzo del 1904. Dopo aver
frequentato le scuole tecniche entrò nello studio paterno nel 1923
attendendo a diverse mansioni: dallo sviluppo grafico dei progetti
all’assistenza durante i lavori di costruzione. Aderì al movimento
futurista nel 1928 partecipando l’anno successivo alla mostra
organizzata dal Gruppo radiofuturista lombardo a Varese. Nello
stesso anno partecipò alla esposizione organizzata alla Galleria Pesaro
Trentatré artisti futuristi
organizzata da Filippo Tommaso Marinetti. La produzione di questi anni
di Gambini era rivolta alla pittura e alle arti applicate, soprattutto
decorazione di ceramiche. Nella pittura, prima di dedicarsi completamente
al soggetto aereo, Gambini aveva affrontato temi e motivi
della tarda stagione déco risolti con forme genericamente riferibili
all’ambito prampoliniano. Le
tappe espositive di Gambini furono legate soprattutto all’attività
dei futuristi nella milanese Galleria Pesaro: dalla Mostra
futurista arch. Sant’Elia e 22 artisti futuristi nel 1930 alla Mostra
futurista Aeropittura e Scenografia nel 1931, sino alla Mostra
futurista in onore di Umberto Boccioni nel 1933. Fu, tuttavia, la
grande esposizione futurista del 1933, organizzata a Roma al Palazzo del
Sindacato degli Ingegneri ha segnare il successo della formula pittorica
ideata da Gambini attraverso l’impiego dell’aerografo. Tutte
le recensioni alla mostra rilevavano gli effetti di forte suggestione
derivata dalle tinte spruzzate che aumentavano la percezione di
dinamismo delle macchine aeronautiche da lui dipinte. I suoi soggetti,
infatti, in questi anni, si concentrarono sulla celebrazione
dell’epopea aeronautica italiana arrivando a collaborare al progetto,
nel 1934, della Sala dell’alta velocità alla Mostra
dell’aeronautica organizzata al Palazzo dell’Arte di Milano.
Furono gli anni della massima notorietà dell’artista che partecipava
ormai alle grandi manifestazioni artistiche quali le Biennali di Venezia
del 1930-34-36, la II Quadriennale romana del 1935 le esposizioni
coloniali del 1931 e del 1934 e la Olimpische
Kunstaustellung del 1936 in occasione dell’XI Olimpiade.
Continuava
intanto la sua attività nel campo delle arti applicate e soprattutto
della grafica con l’illustrazione di riviste (“Fiamma italica”,
“La Rivista illustrata del Popolo d’Italia”), di libri e la
preparazione di manifesti pubblicitari, etichette e cartoline.
Dalla
fine del 1936 l’artista non partecipò più ad esposizioni futuriste,
dedicandosi al disegno architettonico nell’Ufficio Tecnico del Comune
di Busto Arsizio. In quell’ambiente ebbe modo di far apprezzare le
qualità innovative dei progetti, delle soluzioni architettoniche da lui
adottate e di aggiornamento nei materiali usati (Progetti della Pesa
Pubblica 1935, Palazzina delle imposte 1936-1938, Piscina comunale
“Costanzo Ciano”, 1938-1939). Il dopoguerra vide Gambini attivo nel
campo della ceramica, partecipando a numerose esposizioni ed eseguendo
diverse decorazioni murali per le nuove costruzioni cittadine. Ivanhoè
Gambini si spense a Busto Arsizio il 23 dicembre 1992.